L’importanza di scelte consapevoli per la salute di tutto l’organismo

Nel dibattito sulle correlazioni tra alimentazione e salute, uno degli aspetti principali riguarda i rischi derivanti dall’assunzione di determinati nutrienti contenuti nei cibi di tutti i giorni. L’attenzione si focalizza in particolare sui grassi, considerati come una delle cause di disturbi quali obesità e colesterolo alto. Sebbene la maggior parte di essi si trovino naturalmente in prodotti di origine sia animale che vegetale di uso comune, ve ne sono alcuni derivanti invece da particolari processi chimici: stiamo parlando dei grassi idrogenati.

Questi composti sono prodotti dalla lavorazione di oli vegetali e, diversamente da quelli derivanti da processi quali la raffinazione, nel corso del tempo hanno conosciuto alterna fortuna. Questo perché le alterazioni che avvengono a livello molecolare influiscono sulla componente sia nutrizionale sia strutturale della sostanza che ne deriva. Tra i problemi principali di queste modifiche vi sono le conseguenze sul lungo periodo per la salute dell’organismo, non abituato ad assumere questi nutrienti in grandi quantità.

Spesso si tende, infatti, maggiormente a concentrarsi sui rischi legati ai grassi, sia animali che vegetali, naturalmente presenti nei cibi che consumiamo ogni giorno. Tuttavia questi lipidi, a differenza dei grassi idrogenati e insieme a calorie e proteine, nella giusta misura rappresentano il principale fattore di apporto energetico per il nostro organismo, indispensabili per permettere al nostro corpo di svolgere al meglio le sue funzioni.

Cosa sono i grassi idrogenati?

I grassi idrogenati sono lipidi che, attraverso un processo chimico detto idrogenazione catalitica, presentano caratteristiche chimico-fisiche particolarmente adatte ad usi industriali alimentari. Sono prodotti a partire dai grassi insaturi, e in particolare quelli polinsaturi, composti a livello molecolare da doppi legami di atomi di carbonio. Questa loro struttura, diversamente da quella dei grassi saturi, vincola meno ioni idrogeno, rendendoli maggiormente instabili.

Vennero scoperti per la prima volta nel 1902, quando il chimico tedesco Wilhelm Normann osservò come gli oli vegetali, se sottoposti ad aggiunta di idrogeno, si solidificassero in composti del tutto nuovi. Fino agli anni Ottanta, i grassi idrogenati godettero di grande successo, tanto da essere ritenuti l’alternativa migliore e più salutare ai grassi animali. Tuttavia, le ricerche condotte a partire dagli anni Novanta evidenziarono le correlazioni tra l’ampio utilizzo di questi derivati e diverse patologie.

Questo avviene perché, durante il processo di idrogenazione, l’acido grasso polinsaturo subisce una trasformazione a livello molecolare che ne cambia la struttura, passando dalla conformazione cis a quella trans. Diversi studi hanno dimostrato come gli acidi grassi trans, dai valori nutrizionali nulli e non presenti in natura, se non con rare eccezioni quali latte e formaggi, non apportino vantaggi all’organismo ma anzi contribuiscano ad appesantirlo e rallentarne le funzioni.

A cosa serve l’idrogenazione?

L’instabilità a livello molecolare dei grassi insaturi ha conseguenze principalmente sulla loro consistenza. In natura, infatti, questi lipidi si presentano sotto forma di oli e questo li rende meno duttili rispetto ai grassi solidi nella preparazione industriale di alimenti. L’idrogenazione serve proprio a questo scopo, e consiste nella semplificazione chimica dei doppi legami di carbonio a legami singoli attraverso l’aggiunta di ioni idrogeno.

All’aumentare della saturazione lipidica corrisponde infatti anche l’incremento della solidità del prodotto. Grazie al processo di idrogenazione, è possibile trasformare un olio allo stato liquido in un grasso solido o semisolido. La maggiore o minore solidità del prodotto finale viene ottenuta dosando il grado di idrogenazione, che avviene solitamente ad alte temperature comprese tra i 120 e i 210°C tramite catalizzatori quali rame, nichel e platino.

I vantaggi dell’idrogenazione dei grassi insaturi sono diversi e di varia natura, e vanno da un più alto grado di conservazione ad una maggiore stabilità termica ed organolettica, oltre che a costi ridotti. È naturale dunque che la diffusione di queste sostanze nell’industria alimentare abbia conosciuto un forte successo nel corso del tempo, venendo impiegati nella preparazione di un numero sempre crescente di prodotti.

Grassi idrogenati: dove si trovano

Nonostante i rischi per la salute legati al loro utilizzo, i grassi idrogenati vengono tutt’ora impiegati nella produzione di diversi cibi. È dunque importante leggere sempre bene le etichette prima di acquistarli, in modo da limitarne l’assunzione e prevenirne le conseguenze. Vediamo insieme i principali alimenti che contengono grassi idrogenati:

  • Prodotti da forno: la plasticità che caratterizza la consistenza di questi lipidi è un aspetto particolarmente utile nella produzione di alimenti che richiedono ripetuti processi di impasto e sfogliatura. Per questo i grassi idrogenati si possono trovare in cracker, grissini, focacce e barrette, oltre che biscotti e paste sfoglie.
  • Creme spalmabili: l’utilizzo di questi derivati dona una maggiore cremosità, rendendoli ingredienti ideali per la preparazione di creme ad uso alimentare. La stessa margarina, un tempo ritenuta il sostituto salutare del burro, è realizzata a partire dall’idrogenazione di acidi grassi vegetali.
  • Dolci e snack: i grassi idrogenati e parzialmente idrogenati contribuiscono ad aumentare l’appetibilità degli alimenti nei quali sono contenuti, rendendoli più gustosi. Per questo vengono impiegati nella produzione dolciaria per realizzare cioccolatini, gelati, merendine e altri preparati simili. Allo stesso modo, sono presenti anche in snack salati confezionati quali patatine e salatini.
  • Prodotti di fast food: uno dei vantaggi forse meno noti dei grassi idrogenati è inoltre quello di essere caratterizzati da alti punti di fumo. Quando un olio è sottoposto ad alte temperature, inizia la sua trasformazione in glicerolo e successivamente in acroleina, che dà origine al fumo. Le caratteristiche molecolari degli acidi grassi consentono tempi più dilatati prima di quest’ultimo processo, permettendo un riutilizzo nelle fritture più alto rispetto agli oli tradizionali.
  • Alimenti surgelati: la maggiore durata in termini di conservazione rende i grassi idrogenati perfetti per realizzare prodotti preconfezionati, come preparati per minestre, pesce surgelato in panatura e contorni di verdure precotti.

I grassi idrogenati fanno male? I consigli di Céréal

L’utilizzo ancora oggi molto diffuso dei grassi idrogenati nell’industria alimentare rappresenta un rischio concreto per la salute. L’assunzione di questi derivati può portare nel tempo a diverse conseguenze, oltre che disturbi di varia natura. Tra i più noti vi sono quelli legati al benessere del cuore: i grassi insaturi, e più precisamente gli acidi grassi trans, riducono i livelli di colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”) con conseguente aumento di quello LDL. Questo scompenso è alla base dello sviluppo di malattie cardiovascolari quali ipertensione e infarto, oltre ad avere effetti dannosi sulla circolazione del sangue sia centrale che periferica.

I rischi legati a questi trigliceridi si estendono anche al metabolismo di grassi essenziali come l’omega 3, alterandolo in maniera significativa e provocando disturbi tra cui l’obesità. Alcuni studi hanno, inoltre, evidenziato una modifica della risposta immunitaria. Questi grassi vanno, infatti, ad influire sulla capacità di permeabilità delle membrane cellulari, favorendo l’ingresso e la formazione di elementi patogeni e aumentando quindi il rischio di cancro. Anche organi come il fegato vengono danneggiati nei loro processi naturali dalla presenza di questi derivati.

L’adozione di una dieta sana ed equilibrata, oltre ad una attività fisica regolare, è fondamentale per prevenire i danni causati dai grassi idrogenati.

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